Mi chiamo Abel, passo troppo tempo con la testa tra le nuvole o con il naso sprofondato tra le pagine di romanzi che forse conosco solo io, e da due anni scrivo romanzi.
L’ultima frase, me ne rendo conto, può suonare incredibilmente presuntuosa. Perché non ci si improvvisa romanzieri, né autori, no. Ma la vita è fatta di decisioni. Quelle decisioni spesso possono essere sospinte da pulsioni, passioni o riflessioni. E io rifletto, rifletto fino a polverizzare la mia materia cerebrale almeno quanto lascio che le mie passioni prendano il timone delle mie esperienze. Il che spesso genera un mare di problemi. Ma questa è un’altra storia. Andiamo con ordine. Parlavamo dello scrivere romanzi, cosa per la quale molto probabilmente bazzichi queste parti: È una passione dolorosa. E non lo dico solo perché propenso a una inopportuna vicinanza intellettuale alla drammaticità teatrale. Per me è la pura verità. Scrivere ha sempre rappresentato un metodo, complesso e spesso penoso, per rendere meno astratte delle parti di me che da sempre sgomitano per trovare spazio, luce. Le storie, i racconti, mi gravitano nella mente da che ho memoria. È sempre stato così, sempre. Non ricordo giorno in cui non ci sia stata almeno una manciata di minuti in cui il mio io cosciente non si sia perso nella creazione di un mondo che non esiste o in cui non abbia immaginato personaggi ed esistenze che avrei voluto conoscere. Non ricordo nemmeno il giorno in cui mi sono reso conto che non era per tutti così. Ma il viso della persona che mi ha aperto gli occhi, quello si, mi è ancora chiaro dopo tutti questi anni. O meglio, ricordo la sua espressione. Non capiva di che cavolo stavo parlando. Cercavo di raccontargli l’idea che mi era venuta in mente, di come per me la parte più interessante di un film che avevamo visto assieme fosse un personaggio secondario, piccolo, ignorato dai più. Il volevo, fortissimamente, sapere di più su quella macchietta. Volevo conoscere la sua vita, sapere com’era entrato in contatto con i personaggi, cosa sarebbe successo dopo che li avesse persi di vista. Ma nel film per quel personaggio secondario non c’era molto spazio. Così ho iniziato a fantasticare. Ho creato la sua storia nella mia mente. Non ho mai smesso. C’è stato un susseguirsi infinito, ora dopo ora, giorno dopo giorno, di nuove avventure che solo io conosco, che hanno visto unicamente la ribalta del palcoscenico della mia mente. Fino a quando è successo qualcosa di importante. È passato molto tempo dal giorno in cui ho deciso che avrei condiviso con qualcuno un mio racconto. Quel racconto è stato una scintilla. L’incendio è arrivato molto dopo e si è trasformato in romanzi e pubblicazioni indipendenti, che mi hanno portato gioe, dolori, ma anche soddisfazioni e addirittura dei premi. Ti sembra impossibile? Sei in buona compagnia. Sono il primo a non crederci e a cercare di dare un senso alla strada che sto percorrendo. È per questo che sto scrivendo questo diario. Per tenere conto dei passi che sto compiendo, per custodire i ricordi che li hanno sospinti come vento su vele impossibili da strappare. Forse leggendo questo diario ti farai delle domande. Potresti ridere, ogni tanto anche di me, o con me. Così come aver voglia di prendermi a schiaffi. Ti capisco. Abel
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AutoreLe mie storie d’amore per la narrazione, ovunque. Archivi
Dicembre 2023
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